martedì 22 dicembre 2009

Amnesty International


Amnesty International di Sassari


Nel 20° anniversario
della Convenzione internazionale
sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza

presenta

nastri di parole per girotondi di pace

testi di Paola Ruiu

adattamento e regia Raffaele Di Pietro

mercoledì 23 dicembre 2009
Teatro Civico Sassari


con la partecipazione di: Giovanna Sinibaldi, Elisa Sotgiu, Elisabetta Puddu, Alessio Mele, Daniele De Murtas

musiche originali di Jana Bitti, Luca Virgilio, Mariano Garau

Coro Liturgico “Laudate et benedicete”; Coro di voci bianche INcanto
direttore Jana Bitti

pianoforte Luca Virgilio
arpa Gilda Dettori

assistente Alessandra Doro

Per informazioni:
Amnesty International
cell. 333 1624170; 335 6548609
gruppoitalia269@yahoogroups.com



giovedì 3 dicembre 2009

teatroascuola 2009-2010

approvato il progetto
teatroascuola
2009-2010

LABORATORIO TEATRALE
Istituto d’Istruzione Superiore
“Via Asmara” sede ex ITAS “A. Celli, Via Novara 20” – Roma



lunedì 20 aprile 2009

Mille perché


Marco nell’ultimo post parlava di “mille perché”. Forse è un numero che non basta se aggiungiamo i perché dei ragazzi della scuola e degli stessi educatori. Se poi a questi sommiamo quelli degli spettatori diventa inutile contare ancora. Vale la pena però chiedersi, perché tante domande e nessuna risposta? Nei perché c’è il dispiacere per qualcosa che è finito, c’è la paura dei giorni, che siano tutti uguali, come prima, come se nulla fosse successo e nulla fosse cambiato. Molti vorrebbero tornare indietro, riavvolgere il tempo, per rivivere le stesse emozioni. Ma nel frattempo tutti rimangono fermi, come se il rimpianto fosse quello di non poter più vivere, di non poter più amare. Vi lascio con una piccola storia.

Se volete aggiungere qualcosa, che sia una risposta!

La torre verde
In un paese non molto lontano, non molto ma quanto basta, viveva un uomo. Egli aspettava che le cose accadessero, cose come che piovesse o che sbocciasse un fiore. Egli aveva ragione, perché infatti un giorno pioveva e un altro giorno nasceva un fiore. Quando queste cose accadevano, egli sorrideva prima di dire: “Ho fatto bene ad aspettare”.
La casa in cui viveva era circondata da un giardino e da una siepe non molto alta ma abbastanza perché non si potesse saltare per superarla.
Tra una pioggia e un fiore passavano i giorni e l’uomo continuava ad aspettare che le cose accadessero, cose come che la siepe smettesse di crescere o che una donna lo amasse, non molto ma quanto basta. Allora, lui avrebbe detto: “Ho fatto bene ad aspettare”.
Con il tempo e con la pioggia, la siepe continuò a crescere, non molto ma abbastanza, tanto da nascondere prima il giardino e i suoi fiori poi tutta la casa.
L’uomo aspettava, la pioggia no.
Un giorno una donna passando di lì, mentre raccoglieva dei fiori, si trovò dinanzi ad una torre verde. Ella iniziò a girarle intorno per vedere quanto fosse grande, ma iniziò a piovere, non molto ma abbastanza perché la donna dicesse: “Non posso aspettare che smetta di piovere”. Così strinse al petto i fiori che aveva già raccolto e si allontanò dalla torre verde, non molto ma abbastanza da non farvi più ritorno.

giovedì 16 aprile 2009

Una miriade di colori...



Una miriade di colori… Bianco, azzurro, nero, giallo si mischiavano tra loro.

Le nostre guance con occhi bagnati da quell’emozione incontrollabile dell’ultimo saluto, annunciavano alla platea che lo spettacolo era giunto ormai alla sua ultima replica.

Tra un mischiarsi di corpi umani che si abbracciavano fra loro, lentamente i riflettori si spegnevano!

Il lavoro di cinque mesi aveva dato, nel nostro piccolo, il più alto contributo di perfezione.

Eravamo felici e una strana commozione del non vedersi più, si mischiava nell’aria, tra i sudori della stanchezza… Ugualmente eravamo pronti a ripartire… Ma in quel momento era un sogno che quasi tormentava, mischiandosi con la realtà, la testa di ognuno di noi.

Il palcoscenico si svuotava e con esso anche tutto il teatro.

Venti metri più in là era pronta un’altra sala, dove come ultimo gesto di volontari e operatori c’era una pizza, pronta per essere mangiata dalle bocche di tutti.

Dai è stato magnifico! Ci rivediamo? Mi lasci il tuo cellulare? Ci scattiamo una foto?

Erano le piccole frasi che addolcivano la nostra innocenza in cerca di nuove emozioni.

Si, tranne noi, padroni di casa e sazi di età, erano i ventenni i protagonisti.

La loro freschezza e leggera intramontabile alba della giovinezza faceva luce dappertutto!

Ormai finito di mangiare, fuori nel giardino a fumarci una sigaretta, che come ultimo saluto ci avvertiva, ma senza dirci niente, che ormai stanchi dovevano tornare nelle loro case. Quasi a gruppetti si rideva tutti, ma nei nostri visi c’era quasi il rammarico di non vederci più!

Quella storia, come il fumo di una sigaretta, stava per finire… Eravamo tutti o quasi, fuori nel giardino.

Le prime foto ricordo, con i loro piccoli flash sembravano tante piccole lucciole che illuminavano i bianchi denti e gli occhi di tutti. Immortalavano in un rullino un ricordo, che sarebbe stato per quei ragazzi la gioia di un momento.

Quasi fossimo in chissà quale strada; piccoli gruppetti di comitiva, scherzavano baciandosi tra loro.

Ormai si era fatto tardi, e salutandoci, con in tutti la voglia di non staccarsi più da quel presente, cominciavamo a vederli andar via.

Noi, quasi risvegliati da un sogno durato una settimana, ripercorrevamo, fra mille perché, la verità della nostra realtà.


Roma, 05.04.2009


Marco Brucchietti



lunedì 6 aprile 2009

UNA LETTERA APERTA


Alle classi 5a A e 5a B


Istituto d’Istruzione Superiore “Via Asmara”

sede ex ITAS “A. Celli, Via Novara 20” – Roma

È teatro guardare il pubblico e nessuno, parlare a tutti ma prima di tutto a se stessi, perché se non siete persone vere non saranno false le vostre parole ma lo sarà la vostra anima, e la vostra voce, come ogni minimo movimento sulla scena, suonerà e sembrerà falsa. Insieme abbiamo portato il teatro a scuola; così un giorno siete entrati dal portone d’ingresso senza sapere che negli stessi corridoi di sempre sareste tornati, uguali nel corpo anche se più stanchi, e che avreste guardato tutto in un modo diverso. Ora ogni angolo della vostra scuola, dalle aule ai banchi avrà per voi una misura diversa, tutto il mondo intorno sarà più stretto; in realtà, non avete scoperto nulla di nuovo, ma avete vissuto un’esperienza che vi ha dimostrato come un palcoscenico, con voi sopra, possa diventare un luogo infinito. La vera scoperta che avete fatto, e che è tutta vostra, sta proprio nell’infinito: sono infinite le possibilità di replicare una storia, sono infiniti i modi di raccontare, siete infiniti anche voi se volete raccontarla. Venite da distanze diverse, siete in un tempo complicato, che appiattisce ogni cosa e delimita il vostro spazio fino a privarvi del futuro. Questa esperienza fa di voi delle persone che, percorrendo cammini insoliti e per molti persino improbabili, hanno vissuto come protagonisti il passaggio rischioso che poteva farvi rimanere degli incompiuti. Chi di voi rinuncerebbe ora a quello che ha fatto e che ha vissuto in questi giorni? Nessuno! Eppure ho avuto la sensazione che in alcuni momenti io sia stato il solo e da solo a credere che ce l’avreste fatta; ho creduto in voi più di voi stessi? Non vi conosco certo meglio di altri. Ma sono sensibile alle vostre emozioni, le sento e avverto anche quando mutano da un istante all’altro e come vi lasciate trasportare dagli umori per prendere decisioni che appaiono irreversibili senza diventarlo mai. Tutto quello che nella vita lascerete incompiuto vi seguirà sempre come un peso. Il mio orgoglio sta nel fatto di avervi accompagnato a compiere qualcosa che ora è diventata un’esperienza e che resterà sempre vostra, che nessuno vi potrà mai togliere, che domani non sarà un ricordo ma un pensiero a cui tornare, perché ognuno di voi avrà imparato da tutto questo qualcosa che resterà solo suo. Pensate che non vi abbia mai detto bravi? Allora ve lo dico ora, dicendo anche la parola grazie, perché questa è stata un’esperienza anche per me, senza di voi non mi sarebbe stata possibile. Ma ricordate che le esperienze hanno sempre un prezzo, si pagano con l’attenzione, la concentrazione, l’impegno, la responsabilità e tutte quelle altre parolacce che se le ascoltate da qualcuno più grande di voi non hanno senso, ma che se le sperimentate direttamente vi danno la maturità che nessun foglio può certificare. Alla base di tutto c’è un sistema che vi chiede di scegliere quale cosa fare; può essere la migliore o altro, può essere quella difficile o altro; potrete non capire e avrete bisogno di tempo; non sempre ce n’è. Gli amici possono aiutarvi. Ma l’aiuto più grande viene da chi vi critica. Imparate da loro, sono grandi maestri, e se sono cattivi imparerete di più, perché saranno impietosi, non volendo vi diranno più della verità, ovvero vi diranno quello che potreste diventare in futuro se non imparate a migliorarvi. Potreste diventare come loro. Spero di essere stato anch’io un cattivo maestro. Lo sono, essendo un uomo silenzioso che vi ha conosciuto e osservato e che ha aspettato fino ad ora prima di parlare del dopo, di quello che c’è oltre questa esperienza di teatro a scuola. Il mio obiettivo è sempre quello di far diventare migliori le persone, soprattutto, se sono giovani come voi, migliori di me, affidando impegni e responsabilità che non dipendano più da me. Il progetto che insieme abbiamo portato avanti dimostra ancora una volta che questo è possibile. Io già lo sapevo.


Villa Glori, Roma, 28 marzo-4 aprile 2009